La cappella di san Giovanni elemosinario
La cappella fu eretta nel 1481 (Andreis, 1848) per custodire la preziosa reliquia del corpo di san Giovanni Elemosinano, conservato in chiesa sin dal 1249 in una cassa di legno dorato, sostituita poi nel 1326 con un’altra «più ornata e decente» (Corner, 1758), riguardo alla quale non si hanno ulteriori notizie.
Una raccolta di elemosine compiuta nei primi mesi del 1494 «per spexe de altar et monumento del chorpo de messer san Zuane elemoxinario» e una serie di pagamenti registrati nel Libro-Cassa 1486-1498 (Paoletti-Ludwig, 1899; Greco, 1982-1983; Borghese, 1993-1994) consentono una parziale ricostruzione dell’apparato decorativo tardo quattrocentesco (1493-1494), oggi perduto a eccezione del frontone dell’urna con l’immagine a rilievo del santo (collocato sulla parete sinistra della cappella) e del Cristo benedicente di Alvise Vivarini (ora sulla parete della navata sinistra).
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L’altare «lavorado con cholonele de soto e anzoli e quaro de sopra», corredato di cortina e candelieri, sosteneva la cassa lignea contenente il corpo del santo, coperto da una «cho verta de pano doro» e protetto da una «gredela de fero stagnada». L’insieme era completato da un paliotto e da una predella («schabelo») di Girolamo Pennacchi (Treviso ? 1455 - Treviso 1496/97), incaricato anche di «dar lo azuro al monumento», mentre la doratura era opera di tale «Zuan dorador».
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La decorazione della cappella, completata nel 1501 anche con i banchi per i fedeli di Alessandro da Caravaggio, era sicuramente notevole se in occasione della visita apostolica del 1581 si definisce l’altare «ornatissimo in tutte le sue parti». Nello stesso anno Francesco Sansovino, menzionando il sepolcro dedicato al santo vescovo, lo descrive come «assai ricco» e successivamente lo Stringa (1604) afferma che il corpo di san Giovanni Elemosinano era «posto sopra un bello e ricco altare in un sepolcro tutto indorato».
Nel 1616 la cappella divenne sede della Scuola intitolata a San Giovanni Elemosinano e, a partire dal 1686, anche il «sovegno» dei preti elesse san Giovanni Elemosinario a proprio patrono, ma non si ha notizia di quale sia stato il ruolo svolto dalle due congregazioni nell’abbellimento della cappella stessa.
Con ogni probabilità la decorazione tardo quattrocentesca rimase comunque integra fino al 1743, anno in cui il medico Salvator Varda, il cui nome compare nell’iscrizione sulla sinistra dell’altare, si offrì «di eriggere un’Arca decorosa per traslare in essa a maggior culto, e venerazione il corpo di San Giovanni Lemosinario».
Ne seguì un radicale restauro con il quale la cappella, pur mantenendo l’originaria struttura gotica, assunse l’aspetto attuale. Il progetto, grazie al quale gli archi ogivali della volta, elegantemente mascherati da stucchi, ben si fondono all’ambiente rinnovato secondo i dettami settecenteschi, si deve con ogni probabilità (Massari, 1971) a Giorno Massari (Venezia 1686 circa - 1766), parrocchiano e membro influente della Scuola del Santissimo Sacramento. Stilisticamente affine al gusto del Massari è soprattutto l’altare, in cui il gioco dei marmi colorati crea un piacevole contrasto con la bianca urna sorretta da volute rococò e sormontata da un festone di fiori su cui poggiano tre putti che additano l’esempio del santo raffigurato nella pala. Scultore del gruppo marmoreo ed esecutore della decorazione dell’intera cappella, come rivela il testamento del Varda del 13 ottobre 1745 (Greco, 1982-1983), fu tal «Anzolo Stae», uno scultore attivo nell’ambito di G.M. Morlaiter, che forse tradusse in pietra un disegno del maestro (Ress, 1979).
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